SPETTACOLI

SPETTACOLI E PERFORMANCE TEATRALI

L'ISOLA DELLE SCIMMIE

 

“Signori! L’amarezza di questa favola che vi preparate ad ascoltare mi ha indotto a rivolgervi alcune parole prima ch’io divenga una scimmia.” Una tribu’ di scimmie di un’isola “dall’aspetto eterno” entra, suo malgrado, in contatto con la civilta’ umana e ne subisce l’influenza sofisticata, meschina, esibizionista. Da uno stato di completa liberta’, nella quale le scimmie potevano soddisfare tutti i loro istinti e pulsioni senza percepire il senso di colpa, passano ad uno stato di servitu’ imposto dalla morale e dal codice borghese. Desiderose di conoscere fino in fondo il sapore della “civilta’” e presentandosene la possibilita’, fanno entrare in scena figure umane che diventeranno i loro insegnanti di buone maniere dell’anima e del corpo, d’amore e di pudore. Ma l’unico insegnamento che puo’ dare l’uomo avvelenato dalla civilta’, a degli esseri puri, e’ l’insoddisfazione, l’infelicita’ e conseguentemente il dolore. “Fratelli, voi credete che io sia nemico dell’uomo! No! Egli mi faceva troppa pieta’, e percio’ io non volevo che voi gli rassomigliaste: ma per quanta ferocia egli abbia, per quanta civilta’ lo avveleni, e’ sempre un povero cuore che batte!” “L’ Isola delle scimmie: favola in tre atti”, da cui e’ liberamente tratta la pièce teatrale che vede in scena gli allievi dell’Associazione di Promozione Sociale Kna’, e’ stato scritto nel 1922 da Luigi Antonelli, Commediografo ( Castilenti, Teramo, 1882 – Pescara 1942 ). Antonelli fu un brillante autore di teatro lirico – fantastico, troppo spesso dimenticato dai critici. Con l’opera “C’è qualcuno al cancello”, apparso sulla rivista “La Lettura” nell’agosto del 1920, ambientata in un teatro dove una Compagnia di attori sta provando un classico dramma borghese a triangolo (marito, moglie, amante), Antonelli ha anticipato la tecnica rivoluzionaria del teatro nel teatro, erroneamente attribuito all’opera di Pirandello “Sei personaggi in cerca d’autore” del 1921.

LEONE


GIULIANOVA – Lunedì 3 agosto, intorno alle ore 18,00 Knà è sbarcata con venticinque attori. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi, donne e uomini, carichi di valigie, sacchi, baule da viaggio, pochi effetti personali, i più preziosi, qualche bambola di pezza, pochi soldi, quelli necessari per l’imbarco, “li tenevamo tra la pelle e la camicia”.
Dal molo sud la comunità di migranti si incammina verso il luogo deputato all’imbarco, il molo nord. Sembra di vedere “Il quarto stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Fieri e con “i cuori colmi di speranza, per una nuova vita”, la quieta dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, l’eloquenza dei loro gesti retorici.
Ecco giungere i traghettatori, sfrontati, cinici, insensibili, come vuole il copione già letto mille volte. L’imbarco disordinato e confuso, il lungo viaggio. “C’erano meridionali, toscani, lombardi, veneti…siamo rimasti fermi due giorni perchè fuori c’erano le burrasche…avevamo paura…il capitano è venuto e s’è messo a urlare: ‘SE SENTITE LA TROMBA SUONARE SALTATE FUORI, SI SALVI CHI PUÓ”. Un viaggio lungo un incubo e poi il tanto agognato urlo: “TERRA, TERRA!”
“(…) Che l’America è bella ma a me…a me la terra mia già mi mancava…e ripensavo ai profumi, ai colori…al cielo dell’Abruzzo (…)”. Parte un canto abruzzese, “Nebbia alla valle”, canto delle raccoglitrici di olive, per esorcizzare la paura, per ricordare le case lasciate dall’altra parte dell’Oceano.
E poi tutti in cammino, verso l’ignoto, con la struggente “Mamma mia dammi cento lire”. Questa volta si parla di migranti che dall’Italia settentrionale andavano a cercare fortuna nel sud America.
La speranza per una nuova vita si manifesta potente nelle parole recitate nel punto di arrivo di questo spettacolo teatrale itinerante, la terrazza del palazzo Kursaal.
Queste giovani attrici e attori hanno la stessa età dei loro bisnonni quando partivano per la terra promessa.
Parole scritte da Erri De Luca: “Siamo gli innumerevoli (…) Lastrichiamo di scheletri il vostro mare per camminarci sopra (…)”.
Dopo testi, canzoni e suoni di strumenti suonati dal vivo, non poteva mancare il ballo popolare, il saltarello e, danzando sulle note di un organetto, gli attori sfumano, lasciando il pubblico da solo, con un ricordo più nitido di chi eravamo , forse più poetico, ma sempre struggente e necessario per non dimenticare mai da dove veniamo. Giuliana e Francescomaria dell’Associazione Teatrale Knà dichiarano: “Siamo una specie migrante. Nuove culture, nuove prospettive, nuove entità, fuori e dentro di noi. Siamo tutti migranti; lo sono stati i nostri avi e lo saranno i nostri nipoti. Il potenziale è enorme.
Coi cuori colmi di gioia, ringraziamo i nostri compagni di traversate emozionali, coraggiosi, sensibili, potenti nei loro sguardi fieri e appassionati, generosi di spiriti e membra prestati ai nostri cuori.Grazie a: Loredana Ascoli, Chiara Bianchini, Mattia Bonadduce, Stella Cappelletti, Federico Caprioni, Gianni Caprioni, Giulia Caprioni, Alessandro Carincola, Antonella Cianci, Giuliana Cianci, Francesco Colafella, Salvatore Sasà Citzia, Francescomaria Di Bonaventura, Luigi Di Bonaventura, Piera Di Bonaventura, Andrea Di Donato, Giorgia Di Donato, Carmine Di Giandomenico, Antonio Di Rocco, Serena Di Rocco, Loredana Iannucci, Emanuele Liberati, Lorenzo Liberato, Riccardo Liberato, Michel Manè, Giorgia Mariani, Sofia Morelli, Gioia Pedretti, Arianna Vallese, Davide Vagnozzi, Jonathan Vannicola, Moira Vespasiani.
Lunedì 3 agosto 2020, ore 18,00 – Molo sud/nord di Giulianova Lido.
Spettacolo itinerante dedicato a “LEONE – appunti di una vita”, da fumetto a mostra itinerante, di Carmine Di Giandomenico e Francesco Colafella.Fotografie di Gianni Caprioni

IL QUADRO DELLE MERAVIGLIE

Lo spettacolo è una rivisitazione vivace e fantasiosa tratto dal dramma di Miguel De Cervantes Saavedra, “Il quadro delle meraviglie”. Nel repertorio teatrale meno indagato di De Cervantes questo testo rappresenta, attraverso quadri popolareschi, le persecuzioni razziali ma anche processi a salvaguardia della razza “pura”. Due ciarlatani portano il quadro e il loro teatrino di marionette in un borgo rurale, avvertendo il pubblico che i “portenti” dell’opera saranno visibili solo a chi non ha sangue “infetto” nelle vene. Ognuno quindi vede o fa finta di vedere quello che vuole e per non compromettere la propria reputazione preferisce fingere stupore ed entusiasmo. In scena, tra il pubblico in sala, si creano così delle situazioni grottesche in rapporto alle reazioni di vedere quello che non c’è. Lo spettacolo vede in scena allievi del “Progetto Teatrale Knà” adulti e ragazzi, in una coesione magica di due generazioni così distanti tra loro ma unite dalla stessa passione, il teatro, con tutti i suoi aspetti positivi. In altre occasioni l’Associazione Knà si è occupata di progetti artistici e culturali impegnati, adottando la formula di aggregazione teatrale con attori dai 7 anni agli anta.

HAOHS


“La performance teatrale è stata pensata “al contrario” (HAOHS-SHOAH, ndr) – spiegano gli autori Giuliana Cianci e Francescomaria Di Bonaventura dell’Associazione Culturale Knà – per esorcizzare l’inenarrabile genocidio nazista, a partire dalle atroci morti nelle camere a gas e poi a ritroso, per arrivare alla vita gioiosa, meritata, normale, simile alle nostre vite attuali.” La toccante performance inizia con la sala completamente buia in cui alcuni bambini e ragazzi si sono nascosti in un locale, di un casolare di campagna occupata dai nazisti durante il rastrellamento.
Un gruppo di bambine dei giorni nostri rovistano in una vecchia soffitta impolverata.
Da questo momento in poi uomini, donne e bambini andranno a ritroso nel tempo, passando dalle camere a gas, al viaggio ammassati in vagoni di un treno fino ad arrivare alla vita normale ed alla festa per un matrimonio in vista. “Ho avuto momenti di grandissima commozione – dichiara una spettatrice – sono cresciuta col Diario di Anna Frank tra le mani e nella frenetica vita quotidiana finisci quasi per assopire quel dolore ed è emozionante trovare qualcuno così capace di ridestare certi sentimenti” “Uno spettacolo a ritroso, pulito, chiaro, essenziale, dal quale ho recepito un invito: – racconta un’altra spettatrice – è possibile oggi tornare indietro, è bello impegnare il nostro tempo oggi per poter tornare indietro, è urgente oggi tornare indietro per ripartire dall’uomo, è un compito il tornare indietro”. L’Associazione Knà ringrazia tutti coloro che hanno partecipato alla riuscita dell’evento, gli attori che hanno dato una grande prova di sensibilità e Don Enzo Manes per averci concesso l’utilizzo della suggestiva Cripta del Duomo.

PER LA PATRIA


In ogni città, grande o piccola che sia, ci sono testimonianze del passato ormai lontane dagli occhi. – spiegano gli autori – Ci si passa davanti più volte al giorno e neanche ci si accorge della loro presenza. Eppure le parole che vi sono scritte e i gesti che vengono rappresentati plasticamente sono serviti nel tempo a costruire una memoria condivisa”. È questo il punto di partenza del libro “Per la Patria. Piccolo lapidario della Grande Guerra” (Andrea Livi Editore, 2017). Il testo nasce dall’incontro tra l’indagine fotografica di Paolo Groff sui monumenti ai caduti della prima guerra mondiale nel Piceno e le storie e le riflessioni raccolte da Francesco Maria Anzivino sulle parole che li accompagnano o li costituiscono sotto forma di lapidi. In scena gli attori “in punta di piedi” danno vita a quadri rievocativi lontanissimi dal nostro vissuto quotidiano ma così intensi e suggestivi da ricordare quantomeno che, nonostante il decadimento strutturale e di significato di certi monumenti dedicati ai caduti della prima guerra mondiale, oggi si può e si deve trovare il tempo per ricordare che certe tragedie possono aspettarci dietro l’angolo, come quei monumenti, perchè è insita nell’uomo la mania del potere, anche al costo di migliaia di vite umane. La Patria la fa da padrona e ad accompagnare i suoi sproloqui canti dal vivo inventati da giovanissime reclute tra un assalto e l’altro, da una trincea all’altra e tramandati di generazione in generazione.

DON CHISCIOTTE E GLI AMICI DELLA TAVOLA ROTONDA


Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Miguel De Cervantes Saavedra.

I 7 VIZI DI UBU


Qui la surrealtà prende il sopravvento per parlarci di uno strano essere, Padre Ubu, dai modi rozzi e discutibili ma, nonostante questo, “Capitano dei Dragoni, officiale di fiducia di re Venceslao, decorato con l’ordine dell’aquila rossa di Polonia, ex re d’Aragona, conte di Sandomir” e della sua consorte, Madre Ubu. I servitori e militari seguono costantemente i loro padroni, con una assurda assiduità e controversa adorazione che altro non è che un falso atteggiamento di convenienza per accattivarsi la benevolenza, ora di Padre Ubu, ora di Madre Ubu i quali non fanno altro che litigare e rimandare ad altri una responsabilità che non gli appartiene perché troppo impegnati a “guardarsi allo specchio”. La coppia Ubu è viziosa, rancorosa, falsa e opportunista. I vizi sono la loro passione e durante la piéce ce ne parleranno i servitori che, tra una scena e l’altra, si alterneranno in monologhi tratti da altrettanti capolavori di autori come Dacia Maraini, Pier Paolo Pasolini, Diego Fabbri, Mary Shelley, Molière, Anna Cappelli e…lo stesso Ubu, il quale fa incetta di ogni bene confiscato al popolo, dietro subdoli suggerimenti di Madre Ubu, assetata di potere. “Mio mio, tutto mio…mio mio tutto me…mi sono fatto da me…me, me, me! Mio, mio, mio, è tutto mio! Me, me, me…” Quando Alfred Jarry scrisse “Ubu Roi”, non era cominciato il secolo in cui dall’Occidente all’Oriente si susseguirono i più sanguinari dittatori della storia. L’opera teatrale, scritta nel 1896, si ispira al “Macbeth” di Shakespeare, non meno tragica ma sicuramente più divertente e rivoluzionò la drammaturgia europea.

7PIANI


Liberamente tratto da “7Piani” di Dino Buzzati

MALEFATTE


Addolorata, Crocefissa, Splendora, Santina, Severo, Gabriele e Felice sono i protagonisti di una realtà che ci appartiene in quanto popolo abruzzese, ma che appartiene a chiunque, in qualità di abitanti di questo pianeta in continua involuzione. “Crocefissa, la tua famiglia sta qua!” dice lo zio alla nipote adolescente, mentre cerca di dare un senso alla scomparsa prematura del suo futuro marito. Troppi pregiudizi in un paese di campagna, troppa ignoranza, troppe paure… L’unica speranza è la fuga e oltre il “blu petrolio del mare”, ci si affida alla speranza, al caso, al fato. E può essere la fuga da una perdita, da una religione, da una guerra…da se stessi. “Quanti cuori colmi di speranza per una nuova vita. Quante anime col cuore in gola, con l’acqua alla gola… | Acqua…acqua chiara e speranza. | Acqua…acqua nera e dannazione. | Genti erranti nel blu nero petrolio. | Acqua nera e dannazione.”
Buon viaggio.

associazione di promozione sociale

cf 91045140679